Raee
Vecchi frigoriferi e scaldabagni, televisori con il tubo catodico, pc e stampanti rotte, ma anche telefonini, giocattoli e lampadine giunte a fine vita. Sono tutti dispositivi che appartengono alla famiglia dei RAEE (in inglese, Weee, Waste electrical and electronic equipment), i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, ossia tutti quei congegni che per funzionare hanno bisogno dell’energia elettrica.
Questi apparecchi, una volta classificati come rifiuti, devono essere smaltiti separatamente secondo procedure particolari, ai sensi del Testo Unico Ambientale (TUA).
Si dividono in RAEE domestici e RAEE professionali: nel primo caso si tratta di rifiuti che provengono dai nuclei domestici o da attività commerciale, industriale o istituzionale che per tipologia e quantità possono essere considerati analoghi a quelli domestici; nel secondo caso ci si riferisce a quelli prodotti da attività amministrative o economiche di diversa entità. Sono dunque considerati dei rifiuti particolari, in alcuni casi pericolosi, con delle enormi potenzialità di riciclo, basti pensare alle terre rare e ai metalli preziosi che contengono, che alimentano i mercati illegali, soprattutto a livello internazionale.
In Italia, anche questa tipologia di rifiuti è regolata da uno schema di responsabilità estesa del Produttore, in sostanza per ogni nuovo prodotto acquistato l’acquirente paga un contributo ambientale (sovra prezzo) destinato alla raccolta. Secondo stime di settore, i circuiti ufficiali riescono a intercettare circa il 35% dell’immesso al mercato, il resto si perde nei circuiti paralleli, compresi quelli illegali. Secondo il sistema multiconsortile Erion l’aumento dei prezzi delle materie prime degli ultimi anni sta ulteriormente incrementano il mercato nero dei RAEE, sottraendoli sempre di più ai canali ufficiali.
L’impatto ambientale dei RAEE pericolosi è dovuto all’effetto delle sostanze nocive sull’ambiente e sulla salute in caso di smaltimento incontrollato, con la contaminazione dell’aria, del suolo e del sottosuolo nei luoghi di abbandono. Basti pensare all’esempio forse più noto, quello dei frigoriferi e dei gas CFC che si sprigionano in atmosfera quando vengono smantellati in maniera scorretta. Oppure ai metalli pesanti, come il mercurio, il cadmio, il piombo, che penetrano nel terreno e nella falda acquifera e arrivano a contaminare la catena alimentare. Senza dimenticare l’incidenza negativa che questi rifiuti hanno sulla salute delle persone coinvolte nelle attività illegali di smantellamento, specialmente nei paesi in via di sviluppo, quasi sempre esposte al contatto con sostanze tossiche senza alcuna precauzione o protezione.